La Dieta Mediterranea

La dieta mediterranea è un modello nutrizionale ispirato ai modelli alimentari tradizionali dei paesi europei del bacino mediterraneo, in particolare Italia, Francia meridionale, Grecia e Spagna; tale dieta ha avuto grande diffusione, specie dopo gli anni novanta, in alcuni paesi americani fra cui l'Argentina, l'Uruguay e alcune zone degli Stati Uniti d'America.
Questa dieta è stata abbandonata nel periodo del boom economico degli anni sessanta e settanta perché ritenuta troppo povera e poco attraente rispetto ad altre modalità alimentari provenienti in particolare dalla ricca America, ma ora la dieta mediterranea sta sicuramente riconquistando, tra i modelli nutrizionali, il posto che merita.

Questi modelli hanno in comune un elevato consumo di pane, frutta, verdura, erbe aromatiche, cereali, olio d'oliva, pesce e vino (in quantità moderate) e sono basati su un paradosso (almeno per il punto di vista del nutrizionismo tradizionale): i popoli che vivono nelle nazioni del Mediterraneo consumano quantità relativamente elevate di grassi ma, ciò nonostante, hanno minori tassi di malattie cardiovascolari rispetto alla popolazione statunitense, nella cui alimentazione sono presenti livelli simili di grassi animali.
La spiegazione è che la gran quantità di olio d'oliva usata nella cucina mediterranea controbilancia almeno in parte i grassi animali.

L'olio di oliva sembra infatti abbassare i livelli di colesterolo nel sangue; si pensa inoltre che il consumo di vino rosso sia un altro fattore protettivo, con il suo apporto di bioflavonoidi con potenti effetti antiossidanti. Secondo lo studio LYON eseguito dall'American Heart Association (AHA), la dieta mediterranea diminuisce il tasso di mortalità della malattia coronarica del 50%.

Gli acidi grassi monoinsaturi sono contenuti in elevata quantità nell’olio extravergine di oliva (i grassi animali sono invece costituiti in massima parte da grassi saturi, nocivi alle arterie); assunti nelle dovute quantità, diminuiscono i livelli di LDL (il cosiddetto "colesterolo cattivo") mentre aumentano o lasciano invariato il livello di HDL
(cosiddetto colesterolo buono).
La pericolosità delle LDL risiede nella loro capacità di innescare, se ossidate dai radicali liberi, un meccanismo che conduce alla progressiva occlusione delle coronarie e al conseguente infarto.

I benefici sulla salute sono, principalmente, un più basso rischio di contrarre malattie cardiovascolari, una minore possibilità di sviluppare tumori di vario genere, un aumento del tasso di sopravvivenza e, secondo recenti ricerche, un decorso meno grave delle malattie autoimmuni e dell’artrite reumatoide.

Fonte: Wikipedia